Siamo ormai arrivati alla resa dei conti. Il castello di carta e di menzogne del sistema politico-economico occidentale, fondato sul liberismo, sui titoli tossici della finanza e sulla globalizzazione, sta crollando. Siamo sul punto di un cambiamento epocale, per il quale, nel bene o nel male, si determinerà un nuovo assetto, alternativo a quello precedente.

L’Unione Europea e le sue politiche di austerità fiscale stanno manifestando tutta la loro inadeguatezza e, ancora di più, la loro pericolosità, in quanto indeboliscono lo stato sociale, specie in ambiti cruciali quale quello sanitario, come ha dimostrato inequivocabilmente l’”emergenza Coronavirus”[1]. E’ stato proprio un virus, infatti, a smascherare la debolezza e le falle di un intero impianto politico-economico.

Se l’austerità ha ridotto enormemente la possibilità di spendere in deficit dello Stato e quindi l’immissione di liquidità nell’economia reale con conseguenze disastrose per quest’ultima, allo stesso modo è emersa chiaramente, per chi ancora ne dubitasse, l’inadeguatezza di una banca centrale, la BCE, la cui azione è volta unicamente a contenere l’inflazione, per difendere gli interessi della finanza internazionale, e che non si occupa, invece, di tutelare gli stati membri dagli attacchi speculativi, intervenendo a calmierare gli spread. Nota a riguardo è la recente affermazione della presidente della BCE, Christine Lagarde, secondo la quale “non è compito della BCE chiudere gli spread”, affermazione sulla quale ha dovuto fare retromarcia, ma che è assolutamente coerente con lo statuto e le norme della Banca centrale europea al servizio dell’oligarchia finanziaria. E’ evidente come un tale sistema, che strangola gli stati col peso di un debito creato da una impalcatura economica disfunzionale e con regole economiche prive di fondamento logico-scientifico (Maastricht), sia insostenibile. E lo è ancor di più se si considera che c’è uno stato membro, la Germania, che impone un’osservanza rigida delle regole comunitarie agli altri Stati, ma che è il primo a non rispettarle: per fronteggiare la recessione economica e l’attuale crisi sanitaria, infatti, la Germania ha deciso di stanziare, attraverso una banca pubblica (la KfW – Kreditanstalt für Wiederaufbau), 550 miliardi di euro per sostenere la sua economia[2], cosa che è contraria all’assioma del pareggio di bilancio (fortemente sostenuto dal governo tedesco) e al rigore dell’austerità e dei conti pubblici in ordine che hanno sempre caratterizzato l’impianto “eurocratico”. In questo modo, essa sta applicando ciò che il cosiddetto “sovranismo” auspica da anni, ossia la possibilità di emettere moneta per sostenere l’economia reale, cosa sempre avversata dagli intransigenti europeisti.
È questa la prova più evidente di come la UE sia in uno stato terminale al quale può contrapporsi solo mettendo in campo politiche economiche espansive di stampo Keynesiano che sono sempre state malviste e, soprattutto, sono sempre state vietate all’Italia la quale, ancora ora, nonostante sia in una situazione più critica di quella tedesca, si trova nell’impossibilità di attuarle.


Tutta la struttura della UE era ed è basata sulla convinzione inestirpabile dell’”onnipotenza” del mercato, che sarebbe in grado di creare da solo esso stesso benessere e occupazione senza l’intervento dello stato, il cui ruolo è stato ridimensionato e sopraffatto dalle forze economiche. Questa convinzione è stata poi ingigantita dal fenomeno della globalizzazione, che ha ulteriormente usurpato gli stati del loro potere decisionale a vantaggio di quella che può essere definita la “dittatura dei mercati” e che a livello istituzionale è rappresenta massimamente dall’egemonia dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Questa narrazione, improntata sull’economicismo e sulla liberalizzazione del commercio e dei capitali, è stata smentita, prima con la crisi finanziaria del 2008, nata a seguito della cosiddetta “deregulation” che ha consentito l’accumulo di enormi quantità di titoli tossici sui mercati, e oggi, incredibilmente, da un virus che ha messo in luce proprio la centralità di quello stato che i cosiddetti globalisti vorrebbero smantellare. Nei momenti di emergenza, ulteriormente amplificati da media corrotti e asserviti, solo lo stato può fornire le risorse che servono per sostenere sanità, previdenza sociale, lavoro e per rianimare l’economia.


Si sgretolano, così, in men che non si dica, decenni di propaganda liberista e torna ad essere centrale il ruolo dello Stato, per anni vituperato e marginalizzato dall’ideologia “progressista” e dall’europeismo.
Di contro, si assiste alla crisi di quel globalismo che avrebbe voluto spazzare via confini e Nazioni, affinché fosse solo il capiate ad essere predominante.
Il modello basato su quello che può essere definito il “dogma trinitario capitalistico” – produzione, consumo, profitto- è stato seriamente danneggiato da una crisi che ne ha evidenziato gli scompensi sia sul piano economico che sociale. Ed è proprio su quello sociale che è opportuno riflettere.


I parametri della logica economica hanno invaso non solo la sfera politica, ma anche quella civile, facendo emergere come preminenti i “valori” del profitto e dell’accumulo e disgregando quindi la collettività in individui-atomi prostrati al materialismo e al superfluo. In questo modo, il capitalismo ha monopolizzato ogni ambito del sociale, assicurandosi la sua egemonia e costruendo quello che è comunemente noto come “pensiero unico”. L’ideologia dell’economico, del mondo senza frontiere e del progresso, infatti, ha attecchito facilmente su un tessuto sociale secolarizzato che solo illusoriamente pensa di essersi distaccato dai dogmi e dal trascendente, ma che in realtà li ha sostituiti con quelli “positivisti” della scienza e del puro calcolo, del mercato e della globalizzazione che rappresentano le uniche autorità della modernità e di cui l’uomo post- moderno ha fatto proprio il “verbo”: subordinazione della politica al capitale, cultura anti-identitaria e dissoluzione dei valori tradizionali. Tutto in nome del dio denaro.


Paradossalmente, nell’ambito di una cultura relativista e nichilista, questi elementi rappresentano l’unica “verità” degna di essere presa in considerazione, la quale viene propugnata con forza da quelli che sono gli sponsor di una realtà totalizzante: i personaggi del mondo dello spettacolo, i cosiddetti esperti, gli “intellettuali”, gli scienziati e lo stesso potere, che fungono da modello ed elemento di fascinazione in grado di trascinare e piegare le masse ad una “nuova etica” improntata sui “valori” di un’umanità 2.0, schiava della tecnica e disposta a fondersi con essa, in nome del progresso, dell’efficienza e della sicurezza.  Anche in questo caso, il concetto di progresso non è mai esplicitato nei suoi contenuti, non è mai sottoposto ad analisi critica, sottolineando ancora una volta quella dogmaticità che l’ideologia liberale, solo apparentemente, vorrebbe scongiurare.


È stato imposto dunque un modello e un immaginario collettivo dal quale non è possibile evadere, in quanto la società moderna non ha più la capacità di trascendere la realtà fittizia e particolare in cui si trova: quella gabbia d’acciaio, come la definiva Weber, che non consente di formulare modelli alternativi e di ricercare verità che si discostino da quelle assimilate tramite manipolazione. Quella gabbia caratterizzata da una assoluta razionalità calcolatrice orientata al profitto, in cui è presente una molteplicità di “valori” e stili di vita ingannevole, perché riconducibile e vincolata sempre all’unico orizzonte possibile: quello del mercato.
In sintesi, nella società del benessere e del consumo, non è più contemplata la ricerca della verità, in quanto essa viene esplicitamente negata, almeno che non sia quella dettata dagli interessi capitalistici. Ed è proprio in questo contesto che si sono potute modellare le ideologie sopranazionali dell’europeismo e della globalizzazione, messe ora seriamente a repentaglio da crisi in grado di rivoluzionare l’intero assetto economico, ma anche sociale.

La minaccia di una disastrosa crisi economica indurrebbe le masse a ripensare i propri stili di vita, facendo a meno del superfluo e uscendo da quella logica consumista proposta e imposta dalle multinazionali, che sono state e sono le protagoniste di questa struttura istituzionale distorta.

È molto probabile che dall’attuale emergenza sanitaria e dalla crisi economica che ne scaturirà, si genererà il caos e si verificherà una ulteriore stretta degli organismi sopranazionali sui popoli. Tuttavia, seppure in un momento drammatico, è necessario restare lucidi e sfruttare questa come un’occasione per ripensare i nostri modelli economici e sociali, per rinforzare lo spirito identitario e nazionale e per rivalutare le nostre reali esigenze, al netto di quelle indotte dal marketing e da una comunicazione manipolatoria. In questo senso, sarà opportuno tenere presente che se nel paradigma liberista sono stati i valori sociali ad essere plasmati da quelli economici, ora sarà necessario costruire un modello in cui sia l’economia a conformarsi alle esigenze del sociale e in cui venga soppressa quella colonizzazione culturale, orientata al livellamento dei popoli e dei particolarismi locali, in nome di una spiccata propensione alla costruzione di un sé collettivo forte in grado di coniugare il benessere economico ad una più autentica ricerca culturale e spirituale.


E’ l’occasione per ripensare l’intero assetto culturale e socio-economico, in modo da ripristinare una gerarchia di valori in cui non sia il denaro a ricoprire il grado più alto, ma in cui esso torni ad essere un mezzo (e non un fine) per migliorare le condizioni di vita di molti e non per arricchire a dismisura le tasche di pochi.
È sicuramente uno dei periodi più bui della nostra storia e le sfide da affrontare saranno immensamente più difficili di quelle del passato, perché l’inganno e la distorsione del reale è ciò che maggiormente caratterizza l’impianto istituzionale dell’ordine mondiale che già domina le nostre vite, ad insaputa di molti.

Ma se c’è una notte, per quanto buia, c’è sempre anche una nuova alba. Con l’auspicio che una maggiore consapevolezza, orientata ad un modello sociale più equo e giusto, sia in grado di orientare e determinare le scelte future.



[1] Per i dati sui tagli alla sanità, si veda: https://scenarieconomici.it/sistema-sanitario-30-miliardi-di-tagli-negli-ultimi-10-anni-cosi-sapete-chi-e-corresponsabile-della-situazione-attuale/

[2] Si veda: https://www.corriere.it/esteri/20_marzo_13/coronavirus-piano-eccezionale-merkel-550-miliardi-le-imprese-fcb9500c-6564-11ea-86da-7c7313c791fe.shtml;
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_trucchetto_contabile_che_permette_alla_germania_di_stampare_soldi/33535_33605/

 

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