
Uno degli elementi forse più noti della politica di Trump è la sua dichiarata lotta contro il cosiddetto “deep state”, motivo per cui il presidente americano è duramente avversato da tutti i principali media occidentali: questi ultimi hanno contribuito a plasmare in modo determinante l’immagine che milioni di persone hanno di Trump e, non a caso, gli stessi media sono controllati da quel sistema di potere sommerso che ha preso il sopravvento su tutti i gangli vitali delle istituzioni internazionali. Se c’è qualcosa che non deve essere noto, e dunque non deve trapelare, è proprio l’esistenza di un “governo ombra” che dirige da dietro le quinte i principali eventi mondiali ed è, invece, proprio ciò su cui Trump punta costantemente il dito.
Il “deep state” può essere definito come quell’apparato finanziario, industriale, economico, bancario e militare che possiede il denaro e il potere necessari per influenzare le politiche di governo e che è infiltrato tanto nel partito democratico quanto in quello repubblicano e, in Europa, tanto a “destra” quanto a “sinistra”. Proprio per questo motivo, fin dall’inizio della sua presidenza, la lotta tra Trump e il deep state si è manifestata apertamente nel licenziamento da parte del Presidente di alcuni membri interni alla stessa amministrazione di governo, a partire da John Bolton (ex consigliere della sicurezza nazionale) e da coloro coinvolti nella vicenda del “Russiagate”.
Nessun presidente americano dopo John Fitzgerald Kennedy aveva osato sfidare apertamente un apparato di controllo così tentacolare e profondamente radicato in tutte le posizioni chiave del potere, grazie ai due pilastri su cui si fonda il controllo delle nazioni e dei governi: il controllo dell’emissione monetaria per mezzo delle banche centrali, indipendenti dal potere politico, e il controllo dei media, i cui editori sono spesso gli esponenti della plutocrazia bancaria e finanziaria. Il primo serve a garantire il potere di ingerenza su ogni decisione di governo e sull’intero sistema finanziario globale; il secondo a creare il consenso presso la popolazione tramite meccanismi di ingegneria sociale in grado di manipolare e modellare il pensiero dell’opinione pubblica.
In particolare, l’atto costitutivo della Federal Reserve – il Federal Reserve Act del 1913, firmato da Woodrow Wilson e approvato dal Congresso – conferiva ad un manipolo di banche private la massima autorità in materia di politica monetaria, sebbene fosse stato istituito il Federal Reserve Board – composto interamente da incaricati presidenziali – per esercitare l’attività di vigilanza sulle banche. Tuttora, nonostante sulla carta sia supervisionata dal Congresso, la Fed (come tutte le altre banche centrali del sistema economico liberal-capitalista occidentale) mantiene una forte indipendenza sul piano della politica monetaria – vale a dire quell’insieme di decisioni e di azioni volte a determinare, attraverso precisi strumenti, la base monetaria di un sistema economico – che si trova quindi scollegata dalla politica fiscale e di conseguenza dal potere politico, creando così una pericolosa falla nel sistema democratico, in quanto un aspetto fondamentale del sistema economico è gestito in larga parte da una élite di banchieri, non di rado collusi con gli esponenti del potere politico, spesso designati come membri del Federal Reserve Board.
Il presidente dell’House Committee on Banking and Currency degli USA dal 1920 al 1931, Louis T. McFadden, nel 1932 affermò al Congresso:
“Quando il Federal Reserve Act è stato approvato, gli americani non hanno percepito che si trattava dell’instaurazione di un sistema bancario mondiale. Una sorta di super-Stato controllato dai banchieri e dagli industriali internazionali che agiscono di concerto per asservire il mondo al loro capriccio. Ogni sforzo è stato fatto dalla Federal Reserve per celare i suoi poteri, ma la verità è che questa entità ha usurpato il ruolo del governo. Essa controlla tutto, e controlla tutte le nostre relazioni con l’estero. Essa costituisce e destituisce governi a volontà”.
Similmente, lo stesso Woodrow Wilson, 28° presidente degli Stati Uniti (in carica dal 1913 al 1921), nel suo libro “The New Freedom” scrisse:
“Da quando sono entrato in politica, molte persone mi hanno confidato privatamente le loro idee. Alcuni dei più grandi uomini degli Stati Uniti, nel campo del commercio e dell’industria, hanno paura di qualcuno, hanno paura di qualcosa. Essi sanno che in qualche luogo esiste un potere così organizzato, così sottile, così attento, così collegato, così completo e così penetrante che è meglio parlarne sottovoce quando ne parlano per condannarlo”.
Nel tempo, questo potere si è consolidato e organizzato in maniera capillare e una manciata di multimiliardari, annoverati nella categoria dei filantropi ed esponenti di spicco del mondo bancario, industriale e degli interessi delle multinazionali, è in grado di dettare l’agenda globale grazie all’immenso potere conferitogli dal sistema capitalista e tecno-finanziario che è un sistema accentratore e non redistributivo della ricchezza. Negli incontri dei vertici del potere mondiale – come, ad esempio, il World Economic Forum di Davos – vengono stabilite le linee guida su cui viene costruito il sistema economico, politico, sociale e antropologico della comunità internazionale, al di fuori di qualunque perimetro democratico e istituzionale. Oggi, gli elementi determinanti di queste linee guida sono costituiti dal liberismo in campo economico, dall’ambientalismo improntato ad obiettivi e principi di stampo neomalthusiano[1], dalla globalizzazione 4.0, strettamente collegata alla quarta rivoluzione industriale – in cui gran parte del lavoro umano verrà sostituito dai robot e dall’intelligenza artificiale – dalla digitalizzazione di tutte le attività e, infine, dalla tecnologia e dalla scienza assurte a simboli del mito idolatrico del progresso. Questi elementi sono stati trasformati in una vera e propria ideologia che ha assunto i connotati di un dogma di fede, considerata l’impossibilità di metterne in dubbio la fondatezza, la validità e il fatto che i veri obiettivi che intende perseguire non sono quelli che vengono dichiarati. Si tratta, in breve, dei contenuti ricorrenti che compaiono non solo su tutte le testate e le televisioni mainstream, ma anche nei messaggi più o meno subliminali presenti nel cinema, nello spettacolo, nelle scuole e nelle istituzioni accademiche e che, sinteticamente, convergono in quella che viene indicata come “ideologia globalista”. Questa si esprime massimamente, sul piano politico, nel multilateralismo[2], sul piano economico nel liberismo e, sul piano culturale, nel progressismo, raffinato espediente per spianare la strada alla dissoluzione.
Il globalismo ha costantemente lavorato per accentrare il potere in organismi sovranazionali, prima per mezzo della globalizzazione e della finanziarizzazione dell’economia, oggi per mezzo dell’emergenza sanitaria. Chi esce dalla rigida impostazione confezionata ad arte dai signori delle banche e dei mercati viene demonizzato, ridicolizzato e confinato ai margini del dibattito “intellettuale” e politico.
Ed è proprio qui che entra in scena Trump: Trump è l’uomo che, almeno fino ad ora, sta scardinando dalle fondamenta questo paradigma che ha monopolizzato i dibattiti, i talk show televisivi e la forma mentis di milioni di persone; ed è per questo che si può affermare senza dubbio che sia il presidente più odiato dal sistema mediatico e dall’establishment, oltre che da quella parte di opinione pubblica orientata, consapevolmente o meno, ad assecondare il globalismo nella forma del pensiero unico politicamente corretto. Trump è l’anomalia del sistema, l’imprevisto di un disegno attentamente progettato.
Le azioni di Trump contro il deep state
Nell’ordine, la sua presidenza ha posto fine al multilateralismo e alla grande stagione della globalizzazione stralciando i trattati di libero scambio come il NAFTA e inasprendo i rapporti con l’Unione Europea a trazione tedesca, foriera di un modello economico mercantilista che danneggia gli altri Paesi; ha reintrodotto delle forme di protezionismo volte a salvaguardare le imprese locali e a scoraggiare le delocalizzazioni, provocando una guerra commerciale e tecnologica con la Cina e destituendo – di fatto– il “tempio sacro” dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Noti sono anche gli scontri di Trump con la Fed e il suo presidente Jerome Powell: la Casa Bianca è infatti fortemente critica verso l’idea di indipendenza della banca centrale dal potere politico e, in particolare dopo la grave crisi economica innescata dalla pandemia, ha ricondotto la Fed sotto il controllo del Tesoro, nazionalizzando vaste aree dei mercati finanziari. In questo modo, ha intaccato il dogma dell’indipendenza dei “sacerdoti della moneta”, su cui si fonda la possibilità, per una plutocrazia, di interferire nelle politiche governative, sgretolando il principio democratico.
Dal punto di vista della politica estera, il tycoon è parso più volte ambiguo e gli si può rimproverare un eccessivo sionismo – radicato, del resto, nello spirito americano – ma ha indubbiamente assestato un duro colpo alla politica imperialista che da sempre ha guidato le azioni di tutti i presidenti, sia repubblicani che democratici e che rappresenta il marchio di fabbrica di quel deep state incarnato dal Pentagono e dalla CIA: Trump ha scongiurato una guerra contro l’Iran, ha ritirato i contingenti USA in Siria e ha normalizzato i rapporti tra Emirati Arabi Uniti e Bahrein con Israele attraverso i recenti “accordi di Abramo”, stipulati in chiave anti-cinese, specialmente dopo che il Dragone ha formalizzato un accordo economico con l’Iran, denominato partenariato strategico globale sino-iraniano.
Ma è il timido riavvicinamento alla Russia di Putin – che Trump rivorrebbe al tavolo del G8 – che manda in escandescenza il deep state liberal-capitalista occidentale, in quanto la Russia rappresenta l’ultimo baluardo geopolitico contro la dissoluzione dei valori propria del nichilismo occidentale e contro lo stesso imperialismo USA, finalizzato a destabilizzare il Medio Oriente per interessi strategici, legati ai giacimenti petroliferi, oltre che per assoggettare gli stati ancora “liberi” al modello capitalista e al sistema economico liberista, la cui massima sistematizzazione si deve alle organizzazioni economiche internazionali con sede a Washington (FMI, Banca Mondiale e Dipartimento del Tesoro USA), la cui visione economica comune andò sotto il nome di “Washington Consensus”.
Ma se il dominio economico e militare è stato fondamentale per assoggettare gli stati al paradigma neoliberista e per effettuare “regime change” che consentono di insediare governi fantoccio agli ordini di Washington, è il dominio culturale che consente la manipolazione e il controllo dei popoli e dei singoli individui. Viene, infatti, proposto un modello culturale universale – veicolato attraverso ogni singolo canale di comunicazione e di intrattenimento (dal cinema alla musica, dalla tv ai giornali) – che, in un magistrale sovvertimento di prospettiva, riesce a far passare ciò che è decadenza morale come progresso e civiltà. Il mondialismo, infatti, è promotore di un concetto di libertà e di diritti che sono solo apparentemente tali, ma che perseguono in realtà obiettivi di destrutturazione sociale, attraverso una concezione nichilista della vita e dei valori per cui viene abbattuto tutto ciò che attiene alla legge morale per assecondare le “esigenze” individualiste della società postmoderna, radicalizzando quelle istanze che sono emerse col fenomeno noto come “Sessantotto”. In questo contesto, la famiglia è il primo bersaglio da colpire, in quanto nucleo vitale e colonna portante della società. Colpire la famiglia significa disgregare e indebolire un popolo e, dunque, gli individui che lo costituiscono: aborto, teoria gender, femminismo e ideologia omosessualista ruotano tutti attorno a questo obiettivo e sono i caposaldi dell’”etica” mondialista.
Anche in questo caso, Trump si è posto contro la narrazione dominante sui diritti e la sua lotta contro il “deep state culturale” si è manifestata in modo esplicito con la partecipazione (la prima di un presidente americano) alla “marcia per la vita”, il più importante evento antiabortista americano.
Non è un caso che l’ideologia globalista sostenga una visione della vita e del mondo in antitesi con i valori e con la civiltà cristiana: il deep state, infatti – ossia quel potere che ha la sua radice storica e culturale nell’illuminismo massonico – è profondamente anticristiano.
Il “deep State” e il Nuovo Ordine Mondiale
Il potere radicato nell’alta finanza, nelle banche e nelle multinazionali mira ad instaurare un “ordine mondiale”, noto come “Nuovo Ordine Mondiale” (NOM), ossia un unico governo globale autoritario che non può che instaurarsi per mezzo di emergenze che possono portare le nazioni a giustificare qualunque misura antidemocratica e anticostituzionale per poi cronicizzarsi. L’emergenza è la chiave per instaurare il “Nuovo Ordine Mondiale”. Questa è la teoria di coloro che sono accusati di cospirazionismo, ma se si osservano attentamente i fatti e si esce dallo schema imposto dal mainstream, ci si accorge che è esattamente ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi. Inoltre, questo obiettivo è stato esplicitamente preannunciato dai maggiori capi di governo del mondo (da Napolitano a Sarkozy, da Bush a Gorbaciov, tutti hanno parlato della necessità di “instaurare un Nuovo Ordine Mondiale”)[3] e molti studiosi e politici se ne sono occupati, descrivendo e analizzando il fenomeno da un punto di vista storico, politico e socio-antropologico. Tra gli altri, ad aver trattato recentemente questo tema è stato l’arcivescovo, già nunzio apostolico negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò. Naturalmente, Monsignor Viganò prende in esame il ruolo della Chiesa all’interno di questo progetto, denunciando come dal Concilio Vaticano II in avanti, essa abbia tradito la sua missione, abbandonando la sua funzione di kathèkon[4] (“colui che trattiene”), ossia di contrapposizione e freno alla manifestazione del mistero di iniquità. Alla vera Chiesa Cattolica, sempre più ridotta numericamente e marginalizzata – ma che è e resta la vera Chiesa di Cristo – si è contrapposta una falsa chiesa:
“Da sessant’anni stiamo assistendo all’eclissi della vera Chiesa, oscurata da un’anti-chiesa che si è progressivamente appropriata del suo nome, ha occupato la Curia Romana e i suoi Dicasteri, le Diocesi e le parrocchie, i Seminari e le Università, i Conventi e Monasteri; ne ha usurpato l’autorità e i suoi i ministri ne indossano le sacre vesti; ne usa il prestigio e il potere per appropriarsi dei suoi tesori, dei suoi beni e delle sue finanze”.[5]
Questa anti-chiesa – insieme agli organismi sovranazionali come l’ONU e le sue agenzie, nonché ai grandi club privati e ai think tank in cui si riuniscono le élite mondiali – è un tassello fondamentale per l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale, che Viganò definisce come:
“[…] l’instaurazione della tirannide ad opera della Massoneria: un progetto che risale alla Rivoluzione Francese, al Secolo dei Lumi, alla fine delle Monarchie cattoliche e alla dichiarazione di guerra alla Chiesa. Possiamo dire che il Nuovo Ordine Mondiale è l’antitesi della societas christiana, esso concretizza la Civitas diaboli opposta alla Civitas Dei, nell’eterna lotta tra Luce e Tenebre, Bene e Male, Dio e Satana”.[6]
Si comprende così facilmente come il NOM non sia semplicemente un progetto politico, ma una vera e propria religione basata sull’inversione dei valori della cristianità. Ecco che alla luce di ciò risulta più semplice comprendere quello che sta alla base degli anti valori del “deep state culturale”.
La presunta pandemia da Coronavirus ha impresso una brusca accelerata ai piani della plutocrazia finanziaria anticristiana, anche in concomitanza degli imminenti risultati delle presidenziali USA: Donald Trump, infatti, si presenta ad oggi come la più grande minaccia al mondialismo e l’operazione terroristica Covid rappresenta l’estremo tentativo di frenare la sua ascesa presso l’elettorato americano insieme a quello di instaurare un governo mondiale fortemente autoritario. È evidente, infatti, come le misure per contenere il virus siano uguali in quasi tutte le nazioni del mondo: questo perché è all’opera una comune regia globale che ha il suo epicentro in organismi sovranazionali come l’OMS – sostenuti dalla Cina e da filantropi come Bill Gates – di cui i governi nazionali sono già ora delle semplici ramificazioni.
Donald Trump – dopo avere sospeso i finanziamenti all’OMS ed essersi allontanato dalle maggiori istituzioni internazionali, così come dai sedicenti filantropi – ha dichiarato di voler porre fine all’operazione Covid e, dunque, al Nuovo Ordine Mondiale, la cui intenzione è plasmare una nuova dimensione caratterizzata dalla società digitale e dalla tirannia tecnologica. Tutto verrà ridotto a realtà virtuale: già oggi possiamo osservare come il lavoro e la scuola siano stati smaterializzati attraverso lo smart working e la didattica a distanza; ogni rapporto umano passerà attraverso la mediazione di software e algoritmi. In futuro ogni cittadino della “repubblica globale” avrà una identità digitale e la progressiva abolizione del contante servirà a rendere interamente digitali anche i pagamenti. Nulla, dunque, sfuggirà al controllo e alla supervisione di un grande occhio – che è poi l’occhio massonico – che si troverà al vertice della piramide digitale e sarà supportato dall’intelligenza artificiale, altro cardine del NOM.
Il “Grande reset” intrapreso con l’operazione Covid, definito e messo a punto dal “World Economic Forum”, serve dunque ad azzerare le economie mondiali e a riprogrammare l’uomo, distruggendone l’essenza antropologica autentica di essere sociale e razionale e sostituendola con quella artificiale di individuo isolato, virtuale e digitale: un’anti-realtà attraverso cui la natura umana, oltraggiata, non potrà che allontanarsi sempre di più dal Bene e dalla Verità.
Le presidenziali USA 2020
In un simile scenario, le imminenti presidenziali americane si configurano come uno scontro epocale tra forze e concezioni dell’essere umano e della vita contrapposte, con una valenza che travalica l’ambito politico-sociale per sconfinare in una dimensione più propriamente spirituale: come sostiene lo stesso Monsignor Viganò è una battaglia tra i figli della Luce e i figli delle tenebre, tra Bene e male.
In gioco, c’è la libertà, la dignità e l’integrità della natura umana e per questo si può ben affermare che mai come in questo momento le sorti dell’umanità intera sono riposte nel voto dei cittadini americani: è proprio lì dove si trova la “testa del serpente” che dovrà essere sferrato l’attacco più potente al globalismo e molti cittadini americani hanno compreso profondamente ciò che è in atto, meglio dei loro omologhi europei: Trump è l’unico che ha la possibilità di impedire l’instaurazione di una dittatura mondiale e, dunque, del “Grande reset”, grazie al quale verrebbero annullati i debiti delle nazioni e verrebbe distribuito un reddito universale in cambio dell’abolizione della proprietà privata e dell’adesione ad un programma vaccinale che permetterebbe il tracciamento dei contatti dell’intera popolazione mondiale. Il “Grande reset” è il cavallo di Troia per schiavizzare l’umanità, attraverso la promessa allettante di un reddito garantito e dell’annullamento (reset) dei debiti. Per questo, nel caso in cui il presidente in carica venisse rieletto, è probabile che il globalismo scatenerà una guerra civile in America (come del resto già avvenuto la scorsa estate con i Black Lives Matter e gli Antifa, dichiarati gruppo terrorista dallo stesso Trump).
Molti commentatori e analisti dello scenario politico sostengono che Trump non rappresenti il “bene assoluto”, ma sia semplicemente l’esponente della parte moderata dei “poteri forti”: scopriremo o avremo conferma, dunque, della vera natura del personaggio politico più contestato e osteggiato dai media nel caso di una sua rielezione il prossimo tre novembre. Nel frattempo, non si può avere alcun dubbio sul fatto che il candidato rivale, Joe Biden, sia proprio l’uomo manovrato da quello “Stato profondo” che sta portando al reset dell’economia mondiale e alla riprogrammazione dell’uomo per mezzo della paura e dell’inganno sistematico, nonché il grimaldello della Cina per penetrare gli Stati Uniti e subentrare al “secolo americano”.
Stiamo dunque per assistere al voto americano più importante della storia che, in una direzione o nell’altra, determinerà il futuro del mondo e la libertà o la schiavitù di tutti i popoli. Non resta dunque che attendere i risultati delle elezioni USA con la convinzione che, citando l’ultima lettera aperta inviata da Viganò a Trump:
“Questo “Great reset” è destinato a fallire perché chi lo ha pianificato non capisce che ci sono persone ancora disposte a scendere nelle strade per difendere i propri diritti, per proteggere i propri cari, per dare un futuro ai propri figli. L’inumanità livellatrice del progetto mondialista si infrangerà miseramente dinanzi all’opposizione ferma e coraggiosa dei figli della Luce. […] “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8, 31)”. [7]
[1] L’etica ambientalista, divulgata attraverso icone mediatiche costruite a tavolino come Greta Thunberg, è finalizzata, tra le altre cose, alla riduzione della popolazione mondiale. Infatti, ciò che sottende la nuova religione ambientalista è che il vero problema del pianeta sia l’uomo, considerato un cancro da debellare. Viene totalmente oscurato il fatto che l’alterazione dell’ecosistema sia dovuta in massima parte al metodo di produzione capitalista legato alle multinazionali e ai grandi magnati che ne sono a capo, i quali sono i primi a parlare di ambiente e sostenibilità nei grandi forum mondiali come quello di Davos, celando però ben altri obiettivi. Per questo e per ragioni economiche e geopolitiche, Trump ha avviato l’iter per l’uscita degli USA dagli accordi di Parigi sul clima, ancora una volta contro la narrazione dominante della causa antropica del riscaldamento globale.
[2]Il multilateralismo, ossia l’orientamento ad assumere politiche comuni e coordinate tra tre o più stati e contrapposto all’unilateralismo e al bilateralismo, mira in realtà a trasferire il potere dai governi nazionali ad organismi sovranazionali, ossia quegli organismi che stabiliscono le normative comuni e vigilano sul rispetto delle medesime. L’esempio per eccellenza in ambito economico in questo senso è rappresentato dall’Organizzazione Mondiale del Commercio.
[3]I principali capi di Stato parlano della necessità di perseguire un “Nuovo Ordine Mondiale”:
[4] Ne parla San Paolo nella seconda Lettera ai Tessalonicesi: “Infatti, il mistero dell’iniquità è già in atto: c’è solo da attendere che chi lo trattiene sia tolto di mezzo” (2 Tess. 2, 7).
[5] Mons. Carlo Maria Viganò, Come il Vaticano II serve al Nuovo Ordine Mondiale, Catholic Identity Conference, 23 Ottobre, 2020.
[6] Ibid.
[7] Lettera aperta di Mons. Carlo Maria Viganò al Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, domenica 25 Ottobre, 2020.